
Il contratto di cessione dei beni ai creditori, disciplinato dagli articoli 1977-1986 del Codice Civile, è l'accordo con cui il debitore incarica i suoi creditori, o alcuni di essi, di liquidare le sue attività per soddisfare i loro crediti con il ricavato.
Di seguito sono riepilogati i principi e le regole fondamentali che governano questo tipo di contratto:
- Forma e Requisiti:
- Il contratto deve essere obbligatoriamente redatto in forma scritta, altrimenti è nullo 1.
- Se la cessione comprende dei crediti, è necessario notificare la cessione stessa ai debitori di tali crediti 2.
- Gestione e Spese:
L'amministrazione dei beni ceduti è affidata ai creditori, che possono esercitare tutte le azioni di carattere patrimoniale relative ai beni medesimi 3 ma devono anticipare le spese necessarie per la liquidazione 4.
- Effetti del Contratto:
Successivamente alla conclusione del contratto di cessione dei beni ai creditori i creditori cessionari non possono sottoporre ad esecuzione forzata beni diversi del debitore se non dopo aver liquidato il patrimonio ceduto e ripartito l'attivo. I creditori anteriori alla conclusione del contratto di cessione dei beni, possono, invece, intraprendere azioni esecutive anche sui beni ceduti 5.
- Ripartizione e Liberazione del Debitore:
- Nella ripartizione delle somme ricavate dalla liquidazione, i creditori cessionari devono rispettare le rispettive cause legittime di prelazione 6.
- Il debitore è liberato dai suoi obblighi verso i creditori solo dal giorno in cui essi ricevono la parte loro spettante sul ricavato della liquidazione, e nei limiti di quanto hanno ricevuto 7.
- Diritti del Debitore:
- Il cedente ha, in ogni caso, il diritto di controllare la gestione e di ottenere il rendiconto al termine della liquidazione e dopo la ripartizione del ricavato 8.
- Il debitore può recedere dal contratto offrendo il pagamento del capitale e degli interessi a coloro con i quali ha contrattato o che hanno aderito alla cessione. Il recesso ha effetto dal giorno del pagamento e il debitore è tenuto al rimborso delle spese di gestione 9.
- Invalidità del Contratto:
- Il contratto di cessione dei beni ai creditori può essere annullato ove il debitore abbia dissimulato parte notevole dei suoi beni ovvero nel caso in cui abbia simulato passività inesistenti o occultato passività esistenti 10.
Problematiche che possono insorgere in merito alla revocatoria
Contratto di cessione dei beni ai creditori, in vigenza della legge fallimentare, può creare problemi agli acquirenti nel caso in cui il Curatore Fallimentare può cercare di "revocare" la cessione di tali beni, per farli rientrare nell'attivo da distribuire a tutti i creditori, secondo il principio della par condicio creditorum (parità di trattamento).
La norma di riferimento è l'art. 67 della Legge Fallimentare. In particolare, il comma 1, n. 2, stabiliva che erano revocati, salvo che l'altra parte provasse di non essere a conoscenza dello stato d'insolvenza del debitore: "gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento."
In effetti, la cessione dei beni (cessio pro solvendo) non è un pagamento in denaro, ma un'operazione più complessa e come tale considerata un mezzo non normale di pagamento. Il contratto è pertanto a rischio di revocatoria, se compiuto nell'anno precedente alla dichiarazione di fallimento. L’onere della prova, in questo caso, spetta al creditore che, per evitare di subire la revocatoria, deve fornire la prova di non conoscere lo stato di insolvenza, prova in questo caso molto difficile da procurare. Di conseguenza, sotto la legge fallimentare, una cessione dei beni stipulata nell'anno anteriore al fallimento era altamente vulnerabile alla revocatoria.
Con il nuovo Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), attualmente in vigore, il problema principale sorge quando, dopo aver stipulato un contratto di cessione dei beni, il debitore viene assoggettato a una procedura di Liquidazione Giudiziale. In questo scenario, il curatore nominato dal tribunale ai sensi dell’art. 166 CCII può cercare di "revocare" la cessione dei beni per far rientrare tali beni nell'attivo da distribuire a tutti i creditori, secondo il principio della par condicio creditorum (parità di trattamento), con un discorso analogo a quanto succede con la legge fallimentare. Il comma 1, lettera b) dell’art. 166 CCII, prevede la revoca di: "gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con denaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti dal debitore dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nell'anno anteriore."
La differenza tra la legge fallimentare e il nuovo codice della crisi risiede nella identificazione del “periodo sospetto” ai fini della revocatoria: in entrambi i casi è di un anno ma, nel fallimento va computato a ritroso dalla dichiarazione di fallimento mentre nel codice della crisi il riferimento è il deposito della domanda cui è seguita l’apertura della liquidazione giudiziale (per cui il termine è più ampio).
Di fronte alla possibilità di recuperare attivo, se la liquidazione verrà dichiarate nei tempi previsti dall’art. 166 CCII il curatore avvierà quasi certamente l'azione revocatoria contro i creditori che hanno beneficiato della cessione.
In caso di successo dell'azione le conseguenti saranno le seguenti:
- La cessione viene dichiarata inefficace nei confronti della massa dei creditori.
- I creditori devono restituire alla procedura i beni che avevano ricevuto o, se li hanno già liquidati, il loro valore.
- Il loro credito originario "rivive", ma essi vengono ammessi al passivo della liquidazione come creditori chirografari (non privilegiati), dovendo quindi subire la ripartizione finale insieme a tutti gli altri creditori e rischiando di recuperare solo una piccola percentuale del loro credito.
L’istituto ha ripreso vigore a seguito del maggior utilizzo di modalità di risoluzione della crisi diverse da quelle tradizionali, come previsto dal nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza.
Ad esempio: se la cessione dei beni ai creditori si attua nell'ambito della Composizione Negoziata della Crisi, i problemi legati al rischio di revocatoria si riducono drasticamente, a condizione che si segua la procedura corretta.
La Composizione Negoziata è stata introdotta dal Codice della Crisi proprio per creare un "ambiente protetto" in cui l'imprenditore in difficoltà possa rinegoziare i debiti e compiere atti finalizzati al risanamento, senza che questi possano essere facilmente vanificati in caso di successiva liquidazione giudiziale.
La differenza fondamentale risiede nella supervisione e nell'autorizzazione del Tribunale.
Mentre una cessione di beni "semplice" è un accordo privato, la stessa operazione all'interno della Composizione Negoziata può essere "blindata" attraverso un meccanismo specifico previsto dal Codice della Crisi, che consiste nella richiesta, da parte dell'imprenditore, di misure protettive per evitare azioni esecutive da parte dei creditori durante le trattative.
L'imprenditore, durante le trattative con i creditori e con l'assistenza dell'esperto negoziatore, può chiedere al Tribunale l'autorizzazione a compiere atti di straordinaria amministrazione. Una cessione di beni a determinati creditori rientra in questa categoria.
Il Tribunale, che ha funzioni di controllo, non concede l'autorizzazione automaticamente ma, prima di decidere, valuta due aspetti cruciali:
- che l'atto sia funzionale al buon esito delle trattative e alla risoluzione della crisi.
- che l'atto non arrechi un pregiudizio ingiusto all'insieme dei creditori (par condicio creditorum).
Se l’autorizzazione viene concessa 11 si ha l’esenzione dalla Revocatoria (ex art. 166 del Codice della Crisi).
Proponiamo un modello di contratto personalizzabile redatto con MSWord, che riepiloga i principi e le regole fondamentali che governano questo tipo di contratto.
Il documento appartiene al Formulario contratti per l’impresa, che raccoglie un'ampia varietà di formule relative alla gestione della vita d’impresa e guida, in maniera pratica ed efficace, alla stipula delle diverse tipologie di contratti, quali l’affitto d’azienda, l’agenzia, l’assicurazione e l’associazione in partecipazione per citarne alcuni.
CLICCA QUI.
Note:
1. Art. 1978 c.c.
2. Art. 1264 c.c.
3. Art. 1979 c.c.
4. Art. 1980 c.c.
5. Art. 1980 c.c.
6. Art. 1982 c.c.
7. Art. 1984 c.c.
8. Art. 1983 c.c.
9. Art. 1985 c.c.
10. Art. 1986 c.c.
11. a norma dell’art. 22 CCII